E… quanto è distante Mosca?

 

 

 

Ecco che, attraverso questa domanda, seguendo sempre la stessa strada, possiamo collocare un’altra pietra miliare; ma siamo sempre ad un miglio in più, un miglio in meno, non a migliaia di chilometri di reciproca distanza trigonometrica.

Nel riferimento mentale, in pratica non ci sono distanze; puoi girare tutto il Mondo, e l’Universo intero, o solo il soggiorno di casa tua, nell’arco di un sorso di birra ben fresca, da solo o con gli amici.

Qui andrebbe rettificato il rapporto con i “classici”.

L’IMPERIALISMO SOVIETICO non avrebbe mai dovuto avere ragion d’essere sulla base del pensiero marxista.

Il riscatto del proletariato dall’egemonia della classe borghese, ma la stessa lotta di classe nulla hanno a che vedere con l’occupazione militare, da parte di uno Stato, di altri Stati circostanti, l’imposizione legislativa, amministrativa e burocratica, e la stessa organizzazione interna dello Stato invasore, finalizzata, appunto, ad estensione territoriale e politica.

Il pensiero marxista, anzi, avrebbe dovuto rettificare i principi della Rivoluzione Francese che, pur prendendo spunto dall’illuminismo, non erano giunti fino al punto della fratellanza di tutti i popoli della terra.

D’altronde… se lo stesso fondatore Carlo MARX non distingueva, non vedeva la deformazione deviante che gli imperialismi avevano perseguito e, nella specie, soprattutto l’Impero Romano aveva impresso ai rapporti tra i popoli e la natura, non più di RISPETTO e di APPRENDIMENTO, come nell’antica Grecia, ma di POSSESSO e di SFRUTTAMENTO, tant’è che, con riferimento all’Antichità, non parlava di MODELLO CLASSICO e, separatamente, di MODELLO IMPERIALE, sia pure ambedue impressi, a partire dal I° secolo a. C., con diversa valenza, secondo lo scorrere della Storia, nella CIVILTA’ ROMANA, ma, genericamente, di Mondo greco-romano…

Messa così è come se la “romanità” e la “grecità” si fossero, ad un certo punto, alleate per proporsi al Mondo, quali fari illuminanti di civiltà, e non che fosse accaduto tutt’altro, e cioè che la prima abbia invaso la seconda, impossessandosi di tutta la sua intellettualità, fisicità, genialità, spiritualità, progettualità, con effetti devastanti, che si sono, in seguito ampliati e moltiplicati, giungendo, attraverso complesse e alterne vicende, fino ai nostri giorni.

Oggi vediamo che Mosca perpetua il debellato imperialismo sovietico, sotto altre forme. Il mondo si muove così, fin quando non si troverà un antidoto, o comunque una nuova formula in sostituzione della “REGOLA del RINVIO” (v. parte seconda – IIa puntata QUI).

Ma, in realtà, qui la domanda dovrebbe essere un’altra.

Forse è giunto il momento di fare un po’ il punto della situazione; il che è sempre buona cosa.

Ritengo che la metafora della strada, sia stata frutto di una buona scelta, sia convincente e mantenga, in pieno, la sua validità, anche per i suoi caratteri di antichità, da cui molte utili informazioni è stato possibile attingere; tuttavia, per quanto possa essere tacciato di volubilità, penso proprio che dovrò, ora, abbandonarla, per dirigermi verso altri lidi.

Non mi sembra più funzionale per i punti chiave del discorso e non voglio, quindi affezionarmi ad essa, correndo il rischio di avviarmi per percorsi distrattivi, perdendo, così, di vista il nocciolo, ciò che davvero conta nell’economia delle argomentazioni che si vanno, qui, svolgendo, per cosa? Quello che si rivelerebbe, come credo, solo un esempio di feticismo narrativo da cui nulla più deriverebbe da  poter aggiungere ad esse.

Ritorniamo, allora, all’argomento in trattazione, al centro della strada, diciamo, per prendere un’ultima volta commiato da essa, dalla metafora che, fino a qui, ci ha accompagnato.

Dunque, la vera domanda è: durante il SOCIALISMO REALE, dove erano le Viki Odintcova, modella moscovita, che emblematicamente menziono in rappresentanza di tutte le attrici, modelle, stiliste, e così via, prendendo spunto da quel quarto d’ora di celebrità, per la sua performance sulla torre di Dubai?

E non  mi riferisco solo alle russe, ma anche alle Viki dei Paesi satelliti dell’Unione Sovietica, le Polacche, le Ceche, Rumene, Slovacche e così via.

Avrebbero mai pensato di poter mettere il capino fuori dai modesti scialletti da contadina, o dalle lise tute delle fabbriche, per arrampicarsi sulle torri di Dubai, o contrarre principesche nozze con tizi tipo un certo Ernst di Hannover, come ha fatto la stilista Ekaterina Malysheva, o posare nude per il giorno della festa dell’Indipendenza Americana, come la polacca Yoanna Krupa?

Mai.

Un “cigno nero” anche qui? Certamente, a mio avviso.

Va dato atto, però, che in un amen, le donne, quelle che potevano, e i loro entourage, lo hanno afferrato al balzo, e non l’hanno più mollato, come se non aspettassero altro, nella vita, da tempo, e non avessero fatto altro che aspettare l’attimo fuggente, per uscire d’un sol balzo dalla tristezza e dalla ristrettezza, dall’oblio, dalla noia, dalla vecchiaia precoce e, in men che non si dica, si sono trovate a scalciarsi, tra loro, con grande determinazione ed entusiasmo, giù dai nodi scorsoi, sulle skyline delle città-capestro del Mondo, e questa è tutta farina del loro sacco.

Siamo in pieno ESTREMISTAN.

Possiamo, forse dire: dalle STALLE alle STAR?

E con questo accattivante interrogativo, per il momento, vi lascio.