A proposito di ARRIVAL

 

E’ un film del 2016, di Denis VILLENEUVE, suggestivo e sottile; vincitore di un oscar nel 2017 per il montaggio sonoro e candidato a molti oscar; in concorso al festival di Venezia 2016, 2 premi e candidatura al Leone d’oro:

Arrivano alieni sulla Terra, in un’epoca più o meno identificabile come ATTUALITA’.

Essi sono molto diversi da qualsiasi essere vivente su questo Pianeta; vengono chiamati, nei dialoghi tra governanti, militari, scienziati, di ogni parte del Mondo, in  allarme e in stretto contatto tra loro: OCTOPODI.

In  realtà sono paragonabili a dei giganteschi polpi, con particolari caratteristiche, anche di una certa rigidità motoria; inoltre sono dotati di una intelligenza assolutamente stratosferica, una tecnologia inarrivabile e indistruttibile, un’intuizione decisamente suprema e una capacità di comunicare eccelsa e fondamentalmente palindromica; essi cioè comunicano indifferentemente in direzioni opposte nello spazio e, come si vedrà, nel tempo, tra passato e futuro.

Il loro scopo è aiutare l’Umanità a salvarsi ed, eventualmente, a migliorare, perché in FUTURO, tra 3000 anni (diciamo), avranno bisogno a loro volta, dell’aiuto dell’Umanità.

Il loro aiuto, inizialmente incompreso, è nell’offrire in dono il loro linguaggio, a sua volta palindromico. Questa caratteristica finisce con l’influenzare in modo evidente la protagonista del film, la dott.ssa Louise Banks, eccellente e sensitiva linguista, che inizia a pensare e a ragionare, quindi, a sua volta in modo palindromico, confermando, così, l’ipotesi di Sapir-Whorf, secondo la quale il linguaggio usato influenza i pensieri, riprogrammando la mente.

Lei, così, ha delle visioni future, come se le avesse già vissute, sulle quali non mi intrattengo per non togliere interesse e curiosità alla trama del film.

Ma da dove provengono gli ALIENI, quanto meno in senso toponomastico, per quanto fantasioso, se non astrofisico? Non è minimamente indicato.

Essi provengono certamente dal futuro, data la loro specificità palindromica e la loro annunciata consapevolezza di aver bisogno di aiuto in un’epoca collocabile molti anni più avanti (d’altronde, se, ad esempio, dall’”attualità”, torniamo indietro di 3000 anni, siamo al X secolo a. C., epoca della XXI dinastia dei Faraoni; niente di inimmaginabile.); ma da dove, nello spazio?

E’, secondo me,  intuitivo, a questo punto, che essi non provengono da nessun luogo; appartengono al  nostro stesso Pianeta, come molte loro conoscenze capillari di fatti ad esso attinenti, sembrano comprovare.

Gli esseri umani sono proiettati, quindi, verso un futuro di passaggio ad OCTOPODI superdotati e con possibilità esistenziali e comunicative palindromiche? Qualcosa di simile a quello che, con diversificazioni, sfumature e ricostruzioni varie, viene detto da vari scienziati, scrittori, filosofi ecc.

E’ la nostra stessa Umanità, dunque, molto mutata, che, in un futuro assolutamente avanzato, avrà bisogno di aiuto dall’Umanità di oggi, e acquisita la capacità palindromica verrà a chiederlo ad essa, fornendole i mezzi necessari per… salvare se stessa?

E in che cosa potrà consistere questo aiuto, dove è, a quanto pare, decisivo l’apprendimento del linguaggio palindromo?Non viene detto; qualcosa che potrebbe avere a che vedere con riferimenti di dostoevskijana memoria? Non si sa nulla.

Il nostro destino, che in massima parte abbiamo determinato e andiamo determinando con le nostre stesse mani, è indirizzato, dunque, verso una trasformazione genetica? Forse per moltii versi aberrante e per altri auspicabile? O, in alternativa, la totale scomparsa?

A questo punto, sento la pressanza istintiva di soffermarmi su alcune considerazioni:

Quale è stato l’incremento, negli ultimi 10, 15 anni, di nascite, nonostante i moderni, sofisticati, mezzi di educazione, di prevenzione, di controllo ecc., di bambini down? O di bambini che si rivelano autistici (non sono malati; sono creature che hanno un altro modo di vivere e comunicare, che appare più chiuso e misterioso)? O di bambini affetti da atrofia muscolare? O recanti altre rare e difficili situazioni patologiche rispetto alla convenzionale “normalità”?

A quanto pare, mediamente, più che RADDOPPIATA (includendo, per difetto, pur senza fare numeri, le diverse culture mondiali e così i sistemi di vita, le condizioni di miseria o di opulenza, la spiritualità ecc.).

Si va, secondo me, verso numeri davvero impressionanti, da moltiplicare nel tempo e nei mutamenti storici, sociali e dei trattamenti.

Occorrerebbero qui medici, antropologi, sociologi per ulteriori approfondimenti e precisazioni, e non solo sui numeri. Ma su tutto questo si preferisce, in  genere minimizzare, o tacere, forse per un malinteso senso di ordine pubblico, per evitare panico, o qualcosa del genere.

Che cosa c’è allora, da dire? Che cosa si può dire?

Potranno essere queste anime innocenti, questi nostri figli reali o ideali, la nostra forza, la nostra stardust, la polvere di stelle delle nostre speranze? La nostra porta tra le stelle verso un futuro incerto, con forte tasso di prevedibilità, infausto, e che tuttavia, può permetterci, ancora oggi, di dire: è valsa la pena di vivere, e ancora vale la pena di vivere, amare, ed eventualmente, procreare.

Era poi questo che intendevano dire Eric Heisserer, lo sceneggiatore del film, o Ted Chiang, l’autore di Story of your life, il racconto da cui è stato tratto il film Arrival?

Non lo so; ma è certo il mio pensiero; e avverto, a pelle, come esso sia fortemente alimentato da spunti provenienti dal film.