L'inquietante SENSO della TRAGEDIA

RICCARDO II di Peter STEIN, al MERCADANTE di Napoli, con Maddalena CRIPPA e tutti gli altri, bravissimi; ricordo in particolare, Paolo GRAZIOSI, il cui monologo da vecchio disincantato, Stein rende in chiave rembrandtiana.

 

Commenti ambivalenti:

 

MOLTI consensi; ma anche DIVERSI mugugni, soprattutto sulla lunghezza (che, peraltro, è fondamentalmente "colpa" dell' autore; non per nulla è questo, uno dei lavori meno rappresentati di Shakespeare; né si può tanto scherzare, a colpi di rimaneggiamenti, con un'opera teatrale del Bardo), e sulla "stanchezza" che, ad un certo momento, ha dato l'impressione di aver preso la stessa Crippa/Richard.

 

SOSPENDO ogni giudizio in merito, rivendicando la legittimità di un mio parere quale spettatore, ma, allo stesso tempo, la mancanza, al momento, di una chiara opinione in proposito.

 

Ma questo lavoro deve pure avere un SENSO.

Ritengo inaccettabile che una grande opera teatrale, di un grande autore, messa in scena da un grande regista, con una protagonista in veste maschile, d'eccezione, e un cast di grande valore, non abbia un senso, sia pure con le critiche che ad essa sono state rivolte.

 

Io trovo il senso della tragedia nell'atto di ingiustizia estrema che porta infine il protagonista alla morte, e non ha correttivi o spiegazioni, sia pure surrettizie; è un ATTO FINALE nel senso proprio del termine; dopo di che l'animo umano non ha più nulla su cui interrogarsi; ha solo da RIPARTIRE da ZERO, se è possibile.

 

Va bene il monologo di Riccardo II sconfitto, imprigionato e sbugiardato, sull'INUTILITA' della VITA.

 

In effetti a cosa "serve" la vita? A nulla.

Nell'Universo Cosmico, la sua esistenza o meno è semplicemente IRRILEVANTE.

E' la BOLLA di sapone al negativo, "NON ESSERE", nella quale noi viviamo; ma finché viviamo, ci ritroviamo anche nella BOLLA al positivo di "ESSERE", e quindi della legittima richiesta di un certo LIVELLO di GIUSTIZIA in essa.

 

Orbene in questa tragedia, si vede il volto definitivo della NEGATIVITA'.

 

Sia pure con le sue dissolutezze, le sue manie di onnipotenza, la sua arroganza e disprezzo per le regole e il rispetto dei diritti di coloro che considerava a lui subalterni, il Re Riccardo voleva appropriarsi di beni di un suo ricchissimo suddito, tanto da essere a capo quasi di uno Stato nello Stato, non per se stesso ma per il benessere del Regno di cui era a capo; quindi per un interesse pubblico, non personale.

 

Ma qui la BOLLA al positivo dell'ESSERE, gli sbatte definitivamente la porta in faccia, e la tragedia di Shakespeare, magistralmente proposta da Stein, sottolinea questa DEFINITIVITA' di una ingiustizia profonda che, al di là delle leggi, sancisce la VITTORIA della POTENZA ECONOMICA PRIVATA di lord Enrico BOLINGBROKE, che, una volta eliminato Riccardo della Casa Reale Plantageneti, sarà acclamato Re Enrico IV, sulle ragioni dell'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, della floridità di uno STATO che appartiene a tutti e opera per il bene di tutti e per il futuro di una nazione.

 

RICCHEZZA batte definitivamente RAZIONALITA', INDAGINE, GENERALITA', quindi.

 

E' il categorico messaggio che raccolgo da questo Riccardo II, e non ha APPELLO.

L'unico beneficio è che si parte da ZERO, dopo di che, tutto può accadere.

 

Questo SENSO dell'opera teatrale alla quale ho assistito, io l'ho sentito molto e molto credo che operi dentro la mia mente.

 

Grazie dell'attenzione e scusate... appunto... la lungaggine.