Il CULTO dei MORTI e le PRECEDENTI VITE

 

Chi non ha mai ceduto al vezzo di chiedersi “chi ero io nella mia precedente vita?”

In realtà la domanda giusta sarebbe “dove albergava l’anima che è in me, in una precedente vita?”

In ogni caso, peraltro, sono domande oziose, perché non prevedono alcuna risposta.

Qualche accenno di risposta ha a che vedere soprattutto con i nostri desideri (chi non vorrebbe essere stato un grande scienziato, un grande artista, un grande poeta, e così via) o con le nostre paure (ero forse un lombrico? Una mosca, un criminale ecc.).

Potrebbe non esserci stata alcuna precedente vita; la nostra essere un’anima che per la prima volta appare nel tempo fisico.

Può darsi che ci siano tante stelle in cielo, quante anime su questa Terra? Ma si sa anche di stelle nuove, nate dall’agglomerarsi magmatico di masse informi.

Potrebbe trattarsi di un riapparire nell’arco del tempo, il cui inizio è talmente remoto da essere equiparabile ad una assoluta novità.

Nulla di tutto ciò aggiunge o toglie qualcosa al discorso sull’anima.

Resta sempre fermo il discorso della presenza dell’anima in tutte le religioni che l’uomo conosce, e nel pensiero laico. La “legge morale in  me” con tutta probabilità corrisponde ad una stella del “firmamento sopra di me”.

Nei  riti tribali, nelle religioni dello Spirito, più nitido è ciò che si sente e, in un certo senso, si vede, perché più breve e diretto è il percorso dell’incontro delle anime.

L’umana razionalità aggiungendo schemi, sistemi, concatenazioni, ha spiegato molte cose, ma, temo proprio, ne ha perse moltissime.

Non mi sottraggo al rito e anch’io mi chiedo: in una precedente vita, ero forse un rivoluzionario? Magari un’anima femminile, Eleonora Pimentel Fonseca, o la popolana che rappresentò la Marianna, nella Rivoluzione Francese, con le tette al vento, la bandiera, e il cappello frisio? O, al contrario un aguzzino, o forse un tranquillo borghese di campagna, poi degenerato, però, in qualcos’altro, uno schiavista, o magari uno schiavo; ero Spartaco o Marco Licinio Crasso?  Macché! Forse un batterio infettivo o un topo,  come uno di quelli del romanzo di Camus, o un semplice ispiratore del romanzo di Steinbeck, e precedentemente ancora? Si potrebbe risalire a 20 miliardi di anni addietro ed oltre?

Ma le troppe contraddizioni, i troppi errori, mi porterebbero a pensare che questa è un’anima neonata che si arrabatta.

Un recondito pensiero, però mi dice che, a ben vedere è così per tutti; per quello che si è dimenticato, se non per quello che non si è mai saputo.

 

 

Il CULTO dei MORTI precede cronologicamente  il riferimento ad una DIVINITA’, e quindi ad una Religione intesa come culto degli Dei o di Dio.

Anzi si può considerare che la prima forma di Religione è proprio il culto dei morti.

Verso la fine del PALEOLITICO SUPERIORE, intorno ai 10.000 anni fa, gli Uomini cominciarono a seppellire i morti, con complicate procedure e indicazioni, nelle posizioni, nei segni, quali il rannicchiamento in forma fetale, l’orientamento verso Est, cioè la rinascita del Sole, nella solennità monumentale della cerimonia, attraverso la realizzazione, quasi miracolistica, dati i mezzi disponibili,  di imponenti architetture monolitiche, quali i DOLMEN, raffiguranti una casa (una dimora dell’anima?)  O i MENHIR, obelischi fissati verticalmente nel terreno, quasi a raffigurare una ascesa verso il cielo sconfinato, di credere in una nuova vita, dopo la morte.

Questo è segno inconfutabile, secondo me, che già l’Uomo primitivo credeva che esistesse qualcosa che non fosse inderogabilmente materico nella sua naturale fisicità, che oggi possiamo agevolmente definire lo SPIRITO, o l’ANIMA;  nell’immortalità della stessa, o quanto meno, nella sua continuazione dopo la morte corporale.

Lo stesso cannibalismo rituale, di cui sono stati trovati segni in piccole ma diffuse comunità tribali, in varie epoche e varie, remote, località, non è forse un tentativo primordiale di assumere dentro di sé l’anima del sacrificato?

Ma quello che più interessa, ai fini qui in trattazione, è che abbiamo davanti agli occhi, in tal modo, la PROVA PROVATA che la diretta, immediata, percezione dell’Anima, prescinde dalla percezione di un  Essere soprannaturale, o Esseri soprannaturali, costituenti poi, via via nel tempo, i riferimenti delle varie Religioni.

L’ANIMA non ha bisogno di Dio.

In realtà è proprio questa la PRIMA RELIGIONE dell’Uomo; solo più tardi, a cavallo tra il Paleolitico e il Mesolitico, e più marcatamente in questo periodo durato all’incirca 2000 anni, l’Uomo prese a considerare di dover osservare i fenomeni naturali, per meglio rapportarsi ad essi, la loro consistenza ed eventuale ciclicità, la necessità e la tecnica di confrontarsi con essi; ed in fin dei conti la loro derivazione che, con tutta evidenza, appariva soprannaturale, non essendoci, all'epoca, altra spiegazione.

Da qui inizia la disputa sull’ESISTENZA o NON ESISTENZA di DIO, e le varie UMANE INTERPRETAZIONI, in un senso o nell'altro, che, in fin dei conti, in varie maniere, è durata, nei secoli, e persiste fino ai nostri giorni.

Ma non è mai stata messa in  discussione, o, almeno con molta minore decisione e convinzione, l’ESISTENZA dell’ANIMA.

Va detto che il CULTO dei MORTI, oltre ad essere il più antico del Mondo, è anche il più diffuso e ancora il più praticato nel Mondo; nonché il più unificante, tra i vari usi e costumi, mentalità, convinzioni religiose o non religiose, sia pure nelle diverse consuetudini e tradizioni, dai Dia de los muertos in Messico ad Halloween nel Nord America, e ormai in tutto il Mondo; nonché uno dei luoghi ideali più esplorati, dalla letteratura e dall’arte, nelle loro forme più discrete, occulte, a volte. e sottili, misteriose, da Omero a Virgilio, a Dante; o restando a noi più vicini, da Goethe a  Cocteau, da Tolstoj a Ingmar Bergman, dal Caravaggio a Kandinskij, e così via.

Un discorso a parte merita la CREMAZIONE del corpo, rituale prevalentemente in uso nei Paesi del Nord e nei Paesi Orientali, ma ormai diffuso in ogni parte del Mondo.

Qui è particolarmente evidente, e segno anche di grande evoluzione spirituale ed intellettuale, il DISTACCO dell’anima, dal corpo, al quale mai più ritornerà, né potrebbe ritornare, una volta divenuto il corpo, allorché sia completata l’irreversibile decomposizione, qualcosa di simile ad una pietra, una zolla di terra, cose materiali prive di anima propria, di un’anima, cioè, che non sia quella dei germi, batteri, bacilli ed altri microrganismi che, magari, in un’altra vita, quelli sì, saranno stati professori, ingegneri, medici ecc.

Una sottolineatura questa che viveva in un’altra vita, non quella manciata di cenere, ma la sua ANIMA, e certamente continuerà a vivere.

 

Ma che cosa può determinare il suo albergare, con riferimento anche al passato e al futuro, nel cuore di un Leonardo da Vinci oppure in un segmento di esca viva, fino ad un attimo prima di essere fagocitata da un pesce scaltro, o nello stesso pesce che, abboccando, sacrifica, contemporaneamente se stesso, liberando in un sol colpo, due anime?

Possiamo considerare che sia del tutto casuale e indifferente una condizione, piuttosto che un’altra, per l’anima? O bisogna ricorrere ad un riferimento religioso?  Ad una o qualcuna delle Religioni del Mondo, i rivoli attraverso i quali Dio si manifesta, e che si riversano nel catino unico della spiritualità universale?

E quale è la percezione che ha l’Anima, della propria condizione?

La considerazione o la riprovazione altrui per le azioni di qualcuno, toccano la sua Anima? Esse appartengono esclusivamente alla vita terrena, con le sue leggi naturali e formali, i suoi automatismi (guardiamo le formiche che continuano a riempire incessantemente e in qualunque condizione, i loro depositi-tane, o le api come impollinano i fiori, e ne succhiano il nettare), le sue possibili o incredibili storie, i suoi cigni neri, e i suoi buchi neri, l'ineluttabilità contestuale del pensiero e dell'azione, le formule chimiche, e così via, o hanno a che vedere con l’Anima?

Sono tutte domande senza risposta, tanto che si confidi nella predeterminazione, quanto nel libero arbitrio.

La dimensione dell’Anima potrebbe essere estranea alle umane vicende e miserie; e ciò può riguardare Napoleone Bonaparte,  così come un umile servitore. O, al contrario, potrebbe essa, in gran parte, determinare quelle vicende e, parimenti, risentirne, nel bene e nel male.

Sarei portato a credere ad una esistenza contemporanea delle due possibilità.

 

E poi? Riesco ad immaginare l’Anima che dimentica, o appare a noi dimenticare le sue pregresse vicende, liete o tristi che siano, drammatiche o comuni, nella vita reale; ed invece, ricordare e quasi rivivere tutto nel Mondo delle Anime; quel Mondo che, nel mio pensiero, è molto vicino all’Olimpo degli antichi Greci, alla discesa agli Inferi di Omero e Virgilio, o alla grande opera di Dante Alighieri. Salvo sporadici, improvvisi passaggi, più che altro intuizioni, senza alcun seguito.

 

A volte sentiamo intorno a noi i nostri morti, le loro anime, e non solo nelle sedute spiritiche, dove il confine tra il misterico e il fraudolento è decisamente labile; ci dicono qualcosa? Ci comunicano qualcosa? Ci aiutano? Ci mettono in guardia? O è solo la nostra suggestione?

Alla mia morte, vorrei essere cremato nel falò di una barca di legno alla deriva in mezzo al mare, nel Mediterraneo, il mare che ha conosciuto più morti nei secoli, dall’antichità, alla bestialità dei nostri giorni, ed andarmi a ricongiungere a loro. Ma già so che non sarà possibile.

Alberto Liguoro