CONFLITTO - distruzioni, saccheggi e rinascite.

MILANO zona 5 - Biblioteca Chiesa Rossa

10 dicembre 2015 ore 21

Incontro con Alberto Castelli, professore di Storia e Dottrine Politiche all'Università di Ferrara, e El Sayed Mahmoud, dottore in economia e commercio, di origine egiziana sul tema:

CONFLITTO - distruzioni, saccheggi e rinascite.

 

Interessantissima serata con nutrita partecipazione e vivace e prolungato dibattito.

 

Sensazioni, flash (il mio reportage giornalistico di 3 ANNI fa):

 

Grande disorientamento, grande mosaico, o se preferite, patchwork, di molteplici colori, non sempre in sintonia tra loro.

 

Nessuna religione predica il male o la violenza; la religione smussa la parte ribelle dell’uomo. Essa viene strumentalizzata per nascondere le vere cause dei conflitti.

Per la religione si dà anche l’anima, quindi, attraverso di essa si acquisiscono più facilmente, adepti; i quali vengono, poi, manipolati.

 

Hillary Clinton e Tony Blair, nel momento in cui dicono “abbiamo sbagliato”, fingono di non rendersi conto di questa situazione, della quale loro hanno approfittato, non per errore, ma per esatto conseguimento degli obiettivi ai quali miravano.

Dicono questo perché si basano sull’ignoranza e sull’indifferenza della gente.

Intanto sono morti, per la guerra, un milione e ½ di bambini in Iraq, il futuro di un popolo; un’ingiustizia pressoché ignorata.

La diversità, l’arricchimento di culture, usi e costumi, vanno nel senso della salvezza del Mondo, non della reciproca distruzione.

 

Nei Paesi Islamici, la chiesa e la moschea, sono una di fronte all’altra (sono testimone oculare, in più occasioni, di questa situazione).

 

Quali sono le cause del terrorismo?

La contrapposizione tra islamici e cristiani?

No! Né guerre di religione, né guerre di civiltà, in realtà, sono mai esistite.

Anche se ci sono persone, gruppi, associazioni, che predicano o fomentano cattivi sentimenti in tal senso, non hanno mai la forza di scatenare una guerra.

 

Una guerra è un’altra cosa; essa risponde ad interessi economici e politici degli Stati o di multinazionali che hanno una potenza tale da influenzare (o rovesciare) i Governi.

La religione può certo rafforzare una conflittualità, ma non esserne causa. Essa funziona come richiamo, come appello alle armi, un feticcio, un vessillo, così come fu per la vicenda di Elena di Troia, vessillo della guerra di Troia, in realtà scatenata per motivi commerciali ed egemonici.

 

Feticci di oggi possono essere considerati: la Democrazia, l’Islam, la Cristianità, i Diritti Umani ecc.

Il meccanismo [ripetitivo; il che vuol dire che l’Uomo non impara nulla, o ben poco (speriamo almeno nel “ben poco” che ci farebbe fare qualche passo, sia pure di formica) dalla Storia] si fonda sempre e comunque sulla DEMONIZZAZIONE del nemico, quali che siano le sue caratteristiche.

 

Si inserisce qui un discorso sulle guerre dove i belligeranti stanno attenti a “non farsi troppo male”; che sono quelle dove i nemici contrapposti “parlano la stessa lingua” (vedi, nelle rispettive epoche, Prussia/Austria – gli stessi USA, ormai sulla via irreversibile dell’indipendenza/Regno Unito ecc.). Questa regola trova eccezione nelle guerre civili, perché l’egemonia all’interno di un Paese, o comunque, una realtà forte, anche ultra nazionale, ma omogenea, ha più valore rispetto ai conflitti per conquiste esterne (anche se, secondo me, nella guerra di secessione americana, tutto sommato stettero attenti a non farsi troppo male, tranne che sulla questione dello “schiavismo”, per la difficoltà di riconoscere che era superato dai tempi, tant’è che, successivamente tutto è stato ricomposto); basti pensare alla guerra civile in Spagna, le più recenti “ribellioni” secessioniste in Spagna e in Irlanda, a quello che accadde in Italia all’epoca della RSI e, aggiungerei, in modo assolutamente macroscopico, a questo punto, la guerra di Assad contro i ribelli in Siria. Qui si raggiunge l’assurdo, dove, per l’attaccamento al POTERE di una sola famiglia, viene distrutto un intero popolo e un intero Paese; città come Aleppo, la città più antica del Mondo, e la misteriosa e magica Damasco, rase al suolo (con l’aiuto di Putin che mira al petrolio di Assad, non certo alla sua reputazione).

 

E… la guerra dell’ISIS, di impossessamento di gran parte della Siria e dell’Iraq, nonché, ultimamente, della Libia, non è, a sua volta, una guerra tra combattenti “che parlano la stessa lingua”?

Sarebbe gran cosa, qualcosa di risolutivo, a questo punto, sapere se essa è da considerare alla stregua di una guerra tra entità contrapposte, come esterne l’una all’altra, o alla stregua di una guerra civile.

 

Gli Stati Uniti d’America, ma l’Occidente, in genere, hanno atteggiamenti, apparentemente contraddittori:

da una parte c’è l’appoggio alle dittature, nei Paesi del Terzo Mondo (prendiamo, in particolare, l’Africa, sia subsahariana, che lungo le coste del Mediterraneo) perché è più agevole avere come contraddittore un unico riferimento, per il perseguimento degli interessi egoistici “occidentali”;

da un’altra parte, c’è la “famosa” esportazione della Democrazia, perché è più facile controllare e dominare un regime omogeneo a quello degli Stati più “avanzati”.

Allora? Come mai questa contraddizione?

 

Penso che si valuti caso per caso, a seconda delle condizioni ambientali, storiche, dinamiche locali.

DOVE si esporta “democrazia” e DOVE si appoggia un regime totalitario; l’importante è DOMINARE.

Poi però siamo tutti pronti a lamentarci dei profughi, delle fughe da condizioni di vita impossibili, dei clandestini ecc.

 

I video dell’ISIS sono così perfetti, elaborati, sorretti da una magistrale regia, come mai? – dobbiamo chiederci – Visto che si ha a che fare con gente del deserto, persone di nessuna dimestichezza con tali mezzi?

Questa è una grande domanda senza risposta; così come spiegarsi l’improvvisa esplosione dell’utilizzo di internet ecc.

Quel che è certo è che il Califfato, con l’estrema durezza e ferocia di azioni, vuole dare a noi la SUA IMMAGINE, e noi qui ci fermiamo; inorridiamo, ma restiamo muti, incapaci di altre domande.

 

Non ci chiediamo PERCHE’? (Con ben altre immagini acquisirebbero consensi più forti)

Né ci chiediamo COME è nato il Califfato? Come si vive lì?

Ricchi Paesi arabi, come il Qatar e l’Arabia Saudita appoggiano, neanche tanto velatamente l’ISIS, allo scopo, evidentemente, di non importare terrorismo, ma l’Occidente fa finta di niente, perché traffica con questi Paesi.

Ugualmente fa la Turchia, fortemente motivata per risolvere, con l’occasione, la questione dei Curdi.

 

I bombardamenti sono sempre MIRATI sulle vie del petrolio, perché in tal modo si afferma il proprio primato, da parte dei Paesi occidentali impegnati, rispetto ad altri Paesi occidentali concorrenti; inoltre, in tal modo, si crea il caos che spezzetta il “nemico” (divide et impera).

Ma CHI è il nemico? Quei Paesi che potrebbero sfruttare le proprie risorse, le proprie materie prime, il proprio petrolio e, così migliorare magari le condizioni di vita del popolo, se non ci fossero di mezzo gli “INTERESSI OCCIDENTALI”?

 

Coloro che si fanno esplodere “in nome di Allah” vivono in una inspiegabile CONTRADDIZIONE, se si esaminano gli avvenimenti solo con l’ottica religiosa, perché essi per sfuggire a coloro che vorrebbero “mandarli all’Inferno” con gli usi e costumi occidentali, in ipotesi, incompatibili con l’Islam, vanno “ugualmente all’Inferno” per il male che fanno, in quanto assassini di innocenti e suicidi, in netto e insanabile contrasto con il DETTATO del CORANO.

 

All’esito delle varie “PRIMAVERE ARABE” il cui sbocco, si sperava, fosse maggiore libertà, laicità ecc. i governanti sono stati scelti, contro ogni previsione, mediamente, tra quelli più radicati nell’Islam; come mai?

 

Qui il discorso parte da lontano:

Paesi come l’Afghanistan, l’Iran, l’Egitto (nonché la Palestina) ecc. avevano un tenore di vita molto intenso e proiettato verso interessanti evoluzioni, nello stile di vita, la moda, la sensualità orientale ecc. nella prima metà del secolo scorso.

I giovani scendevano in piazza anche, facevano manifestazioni (come avveniva in Europa, in America ecc.) perché la gioventù è della ribellione al conformismo, nella ricerca di un mondo migliore.

Con sorti variamente differenziate (bisogna tener conto anche della contrapposizione, a quei tempi, tra i due blocchi Unione Sovietica / Usa) la loro storia si è schiodata da quello stato esistenziale fortunato ma instabile, ed è andata verso opprimenti forme di militarismo che hanno totalmente sconvolto la loro società e affossato la qualità della vita.

La percezione, da parte delle popolazioni locali, delle motivazioni di tale involuzione, ha indicato come responsabile l’”Occidente” in senso generico, attraverso la longa manus dei suoi Paesi più fortemente colonialisti e imperialisti, quali Russia, USA, Inghilterra, Francia, attraverso le modalità alle quali si è, sopra fatto cenno.

Quindi, nel momento in cui si sono create le condizioni (per alcuni Paesi e entro certi limiti) per uscire dal tunnel, diciamo, è stato quasi naturale fare altre scelte, non essendoci più fiducia nella politica occidentale che veniva attuata nei loro confronti.

 

Tra l’altro la c.d. POLITICA dell’OCCIDENTE è ambigua perché, da una parte si vuole che questi Paesi si sviluppino e si arricchiscano, perché sono essi stessi “mercati” e quindi sbocco per i prodotti “occidentali”; nello stesso tempo sono considerati terra di conquista perché sulle loro spalle si giocano i rapporti di concorrenza tra gli stessi Paesi occidentali, per cui anche se si ha poco tornaconto, si preferisce tenere ferma, sul posto, una situazione di subalternità, purché non sia un altro Paese concorrente ad occupare quella determinata area considerata.

Dove si andrà a parare alla fine; probabilmente è una incognita irrisolvibile, per chiunque.

 

Ma ci si chiede: come mai ci sono giovani occidentali, in particolare Europei, che vanno ad arruolarsi con le organizzazioni terroristiche di provenienza islamica?

Quale può essere la motivazione?

Il malessere; il malessere per essere stati sradicati da una vita alla quale sentivano di appartenere di più, senza trovare una sincera accettazione da un’altra parte; il malessere di ritrovarsi soli, prevalentemente per persone provenienti da altri Paesi, ma non solo, anche giovani appartenenti al Paese occidentale possono sentirsi soli e magari più propensi a legare con persone diverse dal proprio ambiente normale; il malessere per la non accettazione di abitudini diverse, anche abitudini legate ad una diversa religione, che viene guardata con sospetto e arroganza, e così via.

In definitiva i moltissimi problemi di integrazione, e comunque di armonica convivenza, fanno sì che i terroristi, nei Paesi Europei siano prevalentemente concittadini delle persone colpite, e, molte volte, addirittura neanche di provenienza esterna, dal c.d. “mondo dell’Islam”.

E qui c’è un messaggio, rivolto all’Europa, in modo particolare (qui siamo tutti con i piedi, o col pensiero, nel MEDITERRANEO):

 

Se i maggiori problemi sono quelli di integrazione e di convivenza; in sostanza, di reciproca conoscenza, essi vanno certamente affrontati e rimossi, ma su questa strada sarebbe molto più produttiva di buoni risultati una POLITICA EUROPEA UNITARIA e non affidata alle Autorità, ai Servizi, ai diversi SISTEMI di ogni singolo Paese, in prevalenza, tra loro antagonisti, soprattutto in POLITICA ESTERA.

 

Non dovrebbero esistere Paesi guida (Germania e Francia soprattutto, con i Paesi satelliti allineati, e con rapporto privilegiato con la Gran Bretagna). L’Italia, come la Grecia, la Spagna, il Portogallo, la stessa Malta non possono fare da portaborse agli altri Paesi.

 

Una Mogherini, non dovrebbe essere una statuina di cera, ma impersonare la POLITICA e la VOLONTA’ dell’intera Europa.

Del resto questo era lo spirito iniziale, poi che cosa è acacduto?

E'  andato tutto a… possiamo dire TUTTO a RAMENGO?

Alberto Liguoro