I FRATELLI CERVI 2018 75° anniversario

28 DICEMBRE 1943

I sette fratelli Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore Cervi, erano figli di Alcide Cervi e di Genoveffa Cocconi.
La loro era una famiglia di contadini, con radicati sentimenti antifascisti.
Dotati di forti convincimenti democratici, presero attivamente parte alla Resistenza; presi prigionieri, furono fucilati dai Fascisti, nel poligono di tiro di Reggio Emilia, il 28 Dicembre 1943, unitamente ad un compagno di ...lotta, Quarto Camurri che restò, coraggiosamente, con loro a combattere fino alla fine.

Decorati con medaglia d’argento al valor militare.
Ma non ha avuto giustizia la loro morte.

La loro storia è stata raccontata, tra gli altri, dal padre Alcide Cervi, insieme a Renato Nicolai, nel libro “I miei sette figli” del 1955.
Ecco che un fatto così orrendo e abnorme ha trasformato un contadino in letterato; ma non era certo ciò che lui voleva.

Nel 1956 Salvatore Quasimodo dedicò ad essi una poesia.

Nel 1968 furono ricordati nel film “I sette fratelli Cervi”, l’ultimo film di Gianni Puccini, prima della sua morte, per infarto, il 3 dicembre 1968; interpreti, tra gli altri, Gian Maria Volonté, Carla Gravina, Riccardo Cucciolla, Oleg Jakov.

Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1970, all’età di circa 95 anni, Alcide Cervi morì all’ospedale Sant’Ilario di Reggio Emilia, andando così a raggiungere i suoi figli e sua moglie Genoveffa Cocconi che neanche un anno aveva retto a quell'obbrobrio criminale, ed era morta di crepacuore il 10 ottobre del ‘44.

Alcuni anni dopo, in un dibattito a “Porta a Porta”, Fausto Bertinotti menzionò “papà Cervi”, in presenza di Berlusconi; immediatamente quest’ultimo replicò “sarò felicissimo di conoscere papà Cervi, al quale va tutta la mia ammirazione”.

Al che Bertinotti lo informò “papà Cervi purtroppo è morto” (su You Tube).

Nel 2005, il Kirghizistan, ha ricordato, con un francobollo, i sette fratelli copertisi di gloria quel 28 dicembre del ‘43.

Con quest’ultimo tremendo anniversario si chiude, per quanto è nelle mie conoscenze, la parte tragica e nefasta del 1943, l’anno degli obbrobri.

Ma non si faranno attendere gli obbrobri del 1944.

Alberto Liguoro