La palla di biliardo e l'uovo di Colombo

Il “problema di Hume”

E’ del tutto evidente qui, il riferimento allo SCETTICISMO FILOSOFICO ellenico (il TRIONFALISMO ROMANO conobbe ben poco questa corrente di pensiero); se non posso fidarmi della SCIENZA, dell’INFORMAZIONE, dell’INSEGNAMENTO, se è giusto tener presente la sorte del tacchino, alla quale si è sopra fatto cenno, se non posso fare nulla di veramente incisivo sugli eventi che mi riguardano, è proprio lì che si va a parare.

E questo ci riporta, sempre seguendo le orme di Taleb, a David HUME, il filosofo scozzese del XVIII secolo, morto 13 anni prima dell’inizio della rivoluzione francese (un “cigno nero” anche questo evento? Mi sembrerebbe proprio di sì. La frase ”après moi le déluge!” attribuita dalla tradizione a Luigi XV, mi sa tanto di una delle “solite” previsioni, scovate con il senno di poi).

Ateo convinto Hume, e quindi cristallino, puro il suo pensiero, come ha da essere il pensiero, in  tal caso, ispirato ad una altrettanto limpida fede “al contrario”, e quindi, una insospettabile religiosità, per quanto al negativo.

Fu lui il SICURO artefice di un “nuovo contesto del pensiero”. E’ quindi a lui risalibile, quell’IDEA che, col “cigno nero”, accompagna questo mio scritto.

Al contrario, di sicuro, NON fu artefice del problema “dell’induzione”, ovvero “del tacchino (o pollo)”, spesso, impropriamente definito “problema di Hume”.

Parliamo di STUDIO; quello dei  “famosi” 1000 giorni di becchime e di baldoria, prima della DECAPITAZIONE.

Del resto i Cesari dell’Impero Romano della decadenza non elargivano al popolo panem et circenses? Becchime anche questo.

E la esausta Monarchia del Regno di Napoli? Feste, farina e forca.

Questo è “il problema”!

Esso risale ad un passato remoto. Fu formulato, infatti, per la prima volta dagli antichi scettici.

Mi perdoneranno i miei attenti 5 lettori, se faccio, a questo punto, una breve sospensione del discorso, così come scorre, che ritengo necessaria per fornire qualche utile chiarimento, anche in vista del proseguimento del cammino, lento ma pieno di fascino, di interessanti scorci e di sorprese, pieno di arricchimenti, ma anche di annichilimenti dello spirito, come se fosse il “cammino di Santiago de Compostela”; senza che, però, ci sia, alla fine, una meta sicura (forse anche lì è così a ben rifletterci).

Ho iniziato questo mio tragitto, variamente caratterizzato, facendo riferimento, metaforicamente, ad una strada, da costruire ex novo, con indispensabili richiami a quelle tecniche che potremmo definire tipiche delle strade romane (in particolare, per la fitta rete di vie consolari). Sembrerebbe avere un che di contraddittorio, questo, con la distinzione netta che ho sempre tracciato, ed anche qui ve ne è cenno, tra MODELLO CLASSICO GRECO e MODELLO IMPERIALISTICO ROMANO, assegnando al primo, la palma dell’armonia e del rispetto, quindi della SALVEZZA del Mondo, e al secondo quella del dominio e dell’impossessamento del Mondo, quindi della sua DISTRUZIONE.

E’ pur vero che tratto qui (anche) di un “nuovo” contesto del pensiero; tuttavia alcune pietre miliari, alcuni punti di riferimento, i “fondamentali”, come direbbero gli addetti ai lavori, in ambito economico-politico, ben difficilmente cambiano, molto meno di quanto non creda un osservatore, più o meno superficiale e distaccato.

In realtà, quel senso di contraddittorio è solo apparente.

Ho già apportato, in alcuni recenti articoli e commenti, una importante (per quanto non radicale) modifica a quanto da me sostenuto in modo categorico in miei precedenti scritti (“Rumore di passi nei Giardini Imperiali”, “Passi nel Cosmo e Mappa del Cosmo”, ecc.), e cioè, in  sintesi, che l’Impero Romano soffocò in pieno la grande Civiltà delle πόλεις greche, assimilandone, peraltro la cultura come espressione di raffinatezza intellettuale, l’arte, la ritualità religiosa, gran parte della quotidianità e così via.

Pertanto, secondo il mio pregresso pensiero, sfociarono nel Medio Evo, DUE ANIME, quella PREVALENTE di Roma, che perpetuò l’imperialismo, condusse al protestantesimo, quindi all’illuminismo, all’Europa colonialista, e, in definitiva, al Mondo globale, consumista, delle multinazionali, degli imperi economici di oggi, ecc.; e quella di Atene (per intenderci), che era sopravvissuta, sotto le ceneri, all’invasione ed egemonia di Roma, ed aveva quindi percorso, sia pure in modo abbastanza opaco e MINORITARIO, soprattutto attraverso l’ellenismo orientale, tutti i 10 secoli medioevali, fino ad esplodere nello splendore eccelso ma effimero del Rinascimento Italiano.

Secondo la rettifica che mi è sembrata doverosa alla luce di una più attenta osservazione, già nell’Impero Romano, accanto all’anima della DIREZIONE GENERALE, dell’IMPOSIZIONE della CIVILTA’ dei VINCITORI, dell’AMMINISTRAZIONE EVOLUTA e dell’ ECCELLENZA del DIRITTO e dell’ARTE MILITARE, conviveva, in  sordina,  l’ANIMA dei GRECI, come riscontrabile nei riflessi sui grandi poeti e pensatori romani.

Nel MEDIO EVO, quindi sfociò l’insieme delle due anime, peraltro nelle articolazioni sopra descritte, soprattutto per quanto riguarda l’ellenismo caratterizzante l’Impero Orientale, e con gli effetti sopra richiamati, che, anche a seguito dell’ulteriore approfondimento (e ciò è significativo) restano tuttavia, secondo il mio parere, ormai assodati e immutabili.

A questo punto credo che ci sia ben poco da farmi perdonare nell’aver ideato una strada che poi si svilupperà secondo “tecniche romane”, percorrendola, tuttavia, indossando gli abiti degli antichi greci.

Inoltre, è pur vero che l’imponente e mirabile RETE STRADALE costruita dai Romani in tutto il Mondo allora conosciuto, era funzionale all’espansione militare, commerciale, amministrativa, di una città che non era più tale, ma era la CAPITALE di un IMPERO di cui si è detto tanto e che quindi, sinteticamente, non trovo parola migliore per definire qui, che INCREDIBILE; altrettanto può dirsi degli ACQUEDOTTI, delle DIRAMAZIONI FOGNARIE (in primis per Roma), e così via.

D’altronde i Greci, che non avevano mire espansionistiche, non è che non sapessero costruirle (come alcuni esempi in quella naturale estensione di ellenismo, successivamente denominata Magna Grecia, dimostrano); semplicemente non ne avevano bisogno, pertanto non se ne curavano se non in modo limitato. Sarebbe stato certamente così anche per Roma se si fosse lasciata “invadere” dal Modello Classico, anziché “invadere”, anche concretamente e materialmente, quest’ultimo.

Nel mondo classico, la vita si svolgeva attraverso lentezza e meditazione. Perché mai i cittadini avrebbero dovuto affrontare l’oneroso impegno di reti stradali attraverso le quali si sarebbero mossi pochi viandanti e si prestavano, invece, ad essere facile passaggio per aggressivi nemici?

Le leggi dell’ECONOMIA devono essere state, certo, INELUTTABILI in tutti i secoli dell’Umanità (lo stesso Uomo primitivo, credo che scavasse la sua caverna o erigesse le sue palafitte, attenendosi allo sforzo necessario, la distanza, la durata ecc.); allora perché costruire imponenti acquedotti o grandi condotti fognari, nelle piccole realtà, come volute e ritenute convenienti per la vita pubblica ellenica, dove, dato anche l’esiguo numero di abitanti (il concetto classico di città è confliggente col concetto di metropoli), era facile approvvigionarsi alle fonti, o, per gli scoli, ad esempio, laddove erano sufficienti i pozzi neri, o brevi canali?

Distinguere, con le precisazioni e gli adattamenti di cui sopra, il MODELLO CLASSICO dal MODELLO IMPERIALISTICO, e non unificare i concetti nella generica espressione “Mondo greco-romano”, può essere un efficace ed appagante modo di esplorare quel “nuovo contesto di pensiero” di humiana memoria, le cui derivazioni, anche per quanto riguarda i tempi moderni, possono essere di insospettabile valenza.

Ecco, quindi, che possiamo ora riprendere il percorso da dove ci eravamo fermati.

La filosofia di David Hume oscillò tra lo scetticismo, radicale dal punto di vista teorico, e moderato dal punto di vista pratico, e il naturalismo; esercitò, inoltre, una notevole influenza sulla scienza e la filosofia moderna.

Hume, pur ateo convinto, fu estremamente critico verso l’illuministica fede nella Ragione; indice questo, di grande levatura intellettuale.

Circa il “concetto di casualità”, sostenne e dimostrò l’assenza di consequenzialità necessaria tra gli eventi, al di là delle apparenze; è quanto, certamente, prelude alla dimensione pragmatica del “cigno nero”.

E’ suo il famoso esempio della palla da biliardo.

E’ fuori dubbio che mentre la palla A va verso la palla B (e quindi, certamente, la colpirà), qualcuno può toglierla dal tavolo, interrompendo la previsione; così come la palla B può essere spostata e, addirittura, al contrario, essere lanciata contro A (B precede A, nello scontro; ecco il “cigno nero”).

Questo può verificarsi anche al contrario, a mio modo di vedere:

è del tutto prevedibile, e universalmente riconosciuto, che un uovo non può mantenersi dritto senza un supporto; ma ecco che arriva Colombo e dimostra il contrario.

FINE TERZO CAP. Prima Parte