L'UNIVERSO tra BIG BANG e BIG BOUCE e l'UOMO nell'INTERAZIONE tra REALTA' e APPARENZA

BIG BANG o BIG BOUNCE?

 

 Il Mondo, le particelle, l’energia, lo spazio e il tempo, non sono altro che la manifestazione di un solo tipo di entità: i campi quantistici covarianti.

Essi rappresentano la migliore descrizione che abbiamo oggi, dell’ἄπειρον, la sostanza primordiale che forma il tutto, ipotizzata dal primo scienziato e primo filosofo, Anassimandro (Carlo Rovelli “La realtà non è come ci appare” pag.167).

 Ma come mai i Greci del periodo classico raggiunsero, in un tempo relativamente breve, e con una certa rapidità, rispetto ad un precedente periodo, a sua volta di grande civiltà, come è ben noto, vette astrali in ogni campo dell’intelletto e del sapere, che ancora oggi lasciano senza parole?

Di quali sofisticati congegni disponevano, alla scuola di Abdera, Leucippo, Democrito, Anassimandro, e gli altri filosofi e scienziati atomistici, per “vedere” gli atomi?

Di quali computer ed elaborati sistemi potevano avvalersi Pitagora e Archimede per i loro calcoli? E così via.

Il Mondo Greco si arenò, infine, sulle sponde della Romanità, il cui percorso era più scandito dai ritmi dell’epoca, fin dalle prime aggregazioni, la fondazione e l’inizio dell’espansione della Città Stato ecc.

E gli antichi Egizi, la cui conformazione fisica è già contornata di singolarità e mistero, con riferimento tanto all’epoca, quanto ai nostri giorni, e la cui civiltà proveniva direttamente dalla Preistoria, come è che d’un sol balzo hanno potuto realizzare opere e raggiungere risultati in campo scientifico e amministrativo, assolutamente impensabili per la loro epoca, prima di approdare, a loro volta, sulle floride sponde della Civiltà Classica, mentre prevalevano, nel resto del Mondo, i canoni di riferimento dei cavernicoli? Tanto da considerare, prendendo, convenzionalmente, come punto di partenza, l’anno 3000 a. C, che, perché il Mondo si schiodi dallo stato di soddisfacente inerzia al quale era giunto, occorrerà attendere altri 4200 anni, fino a quel XII secolo del Medio Evo, definito “il secolo gaio”, per i progressi che ripresero il loro lento e faticoso cammino.

 

E potrebbero qui menzionarsi gli splendidi reperti di lontane civiltà:

i Maya, e, subito dopo, gli Incas, gli Aztechi, di cui sappiamo poco per essere stato annientato in pochi anni, dalla grande Civiltà Occidentale, quello che decine di secoli avevano permesso di costruire;

le Civiltà della Valle dell’Indo, la Civiltà Cinese, nata dagli insediamenti lungo le vallate del Fiume Giallo e del Fiume Azzurro.

Un breve cenno va fatto alla grandezza della Civiltà assiro-babilonese, nella geometria, nell’astronomia, ecc.; basti ricordare che i giardini pensili di Babilonia furono una delle sette meraviglie del Mondo antico. Non dimenticando altri eccellenti riferimenti , quali i fenici, gli ittiti, gli etruschi, dalla misteriosa lingua non indoeuropea , per quanto di effetto meno eclatante rispetto al resto del Mondo.

Se fosse, come sembra, vera la teoria, secondo la quale può considerarsi l’esistenza di un altro universo, oltre il big bang (nato a sua volta, nello stesso modo), e le menti degli abitanti di quell’Universo avessero raggiunto una sublime rarefazione del pensiero, tanto per rendere l’idea; noi, oggi, attingendo alla moderna astrofisica e alla cosmologia quantistica, con l’entusiasmo del poeta, e la modestia del cantastorie, potremmo pensare a qualcosa che residua dall’altro Universo, precipitato alla velocità della luce in questo Universo, dove ha poi vissuto, non essendo più possibile tornare indietro, chiuso ogni legame, perduto ogni ricordo?

No, evidentemente non ogni ricordo.

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Ma gli anni, le ere, le epoche, le settimane, i giorni ormai indistinguibili e allacciati come erano, con i pianeti Terra, non Terra, quasi Terra, affatto Terra e, nell’ambito di essi, i continenti, le isole, gli asterischi, i non asterischi, le montagne, le valli, le colline, naturali, artificiali, gli esseri umani e gli androidi, gli incroci, le razze, ormai centinaia, migliaia, mescolate tra loro e diffuse dappertutto nell’universo, come le lingue, le religioni, le realtà-realtà e quelle virtuali, le fantasie, le macchine, le opinioni più o meno scientifiche, che comprendevano anche forme di vita diverse, nel crogiolo del tempo e dello spazio infine esplosero. L’Universo stesso, sempre più schiacciato ai poli, ridotto a un ovale sempre più compresso, esplose, dando via libera al Big Bang.

Miliardi di anni luce percorsi nello stesso istante, o la frazione di un successivo istante, nell’infinito stellato, lo splendore effimero di una supernova, poi più nulla.

Come sempre la cupola di costellazioni e galassie: il mondo senza tempo e senza spazio.

Si sentiva parlare, talora, e si sarebbe continuato a sentire in vari luoghi del mondo e in varie dimensioni, di un altro remoto Big Bang quale origine dell’universo, ma nella comune opinione questo aveva il valore di una leggenda o poco più, un parere scientifico o fantasioso da lasciar perdere, come era per la Terra esistita e sparita prima della notte dei tempi.

(“Rumore di passi nei giardini imperiali” pag, 72)

 

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Un grande fermento di studi riguarda il riflesso della dinamica quantistica dell’Universo primordiale sui dati della dinamica quantistica a loop.

La distribuzione statistica delle fluttuazioni di tale fondo di radiazioni cosmiche dovrebbe risentire del rimbalzo iniziale dell’Universo; big bounce in questo caso, non più big bang.

Queste radiazioni cosmiche potrebbero quindi, provenire da un altro Universo, e, almeno alcune di esse, serbare significativi frammenti, “ricordi” del precedente Universo.

 

Perché non ipotizzare, con l’aiuto dello spirito poetico, che le probabilità che si intravedono come valenti nella fisica cosmica, possano esserlo anche per la fenomenologia storica?

Se così fosse, potremmo fondatamente riconoscere quale promotore e autore dell’Umanità e della sua storia, non già l’homo sapiens sapiens, il primo frazionista della staffetta dell’uomo moderno, bensì l’ultimo portatore del testimone di un altro continuo spazio-temporale, a sua volta riempito di galassie, di geometria, di storia e di ogni altra cosa.

 

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SOLO l’INTERAZIONE è REALTA’

 

Si dice che DIOGENE si aggirasse con una lampada e, a chi gliene chiedeva il motivo, rispondesse “cerco l’uomo”.

Ma chi è l’uomo?

Il contemporaneo DEMOCRITO così lo definisce “l’uomo è ciò che tutti conosciamo”.

In pratica l’uomo, come soggetto in sé, NON ESISTE; quindi Diogene non lo troverà mai, e questo sarà il suo tormento.

O MEGLIO

L’uomo ESISTE in funzione di tutte le possibili variabili di INFORMAZIONI su di lui e sue, su se stesso e gli altri.

Quindi Diogene, per trovare l’uomo non ha bisogno di una lampada; ha bisogno di comprendere questo.

Il suo tormento, pertanto, deriva da se stesso; da non aver ancora compreso questo, conseguentemente, dal fatto di essere fuori strada, di avvalersi di mezzi inadeguati di ricerca.

Una STATUA non è solo un blocco di marmo, è qualcosa di più.

Che cosa è, allora una statua?

E’ una interazione tra il cervello di chi guarda, il marmo, il cervello di chi ha scolpito la statua, il cervello degli altri osservatori della statua, il cervello di tutti coloro che si guardano e parlano tra loro, avendo sottocchio la statua.

 

Se non ci fosse questa INTERAZIONE, non ci sarebbe storia, o, con maggior precisione e aderenza alla realtà fenomenica, NON ESISTEREBBE la STATUA; in definitiva, non ci sarebbe la VITA.