FINIS

 

 

Ecco che, infine, come disse Aldo Fabrizi, nel film “Mio figlio professore”, siamo giunti alla parola “FINIS”.

 

Questo testo che, qui di seguito, riporto di sana pianta, è un documento sottoscritto a Bruxelles, da più di 250 scienziati, accademici ed economisti europei, di cui solo due italiani, all’esito diuna conferenza storica sulla decrescita, sostenibilità ecologica ed equità sociale nel Parlamento Europeo, il 19 Settembre 2018.

 

Ringrazio l’amico Andrea Cattania per avermelo spedito, e Marzio Foresti che, per primo, lo ha divulgato.

 

Negli ultimi sette decenni, la crescita del Pil si è rilevata l’obiettivo economico primario delle Nazioni europee. Ma, con la crescita delle nostre economie, è aumentato anche il nostro impatto negativo sull’ambiente.

Ora stiamo superando lo spazio operativo sicuro per l’umanità  su questo pianeta e non vi è alcun segnale che l’attività economica sia sufficientemente disaccoppiata dall’uso delle risorse o dall’inquinamento. Oggi risolvere i problemi sociali all’interno delle Nazioni europee non richiede  più crescita. Richiede una più equa distribuzione del reddito e della ricchezza che già abbiamo.

 

La crescita sta diventando sempre più difficile da raggiungere a causa del calo degli incrementi di produttività, dalla saturazione del mercato e del degrado ecologico. Se le tendenze attuali continueranno, l’Europa smetterà di crescere entro un decennio. In questo momento la risposta è cercare di alimentare la crescita emettendo più debito, sminuzzando le normative ambientali, prolungando l’orario di lavoro e riducendo le protezioni sociali. Questa ricerca aggressiva della crescita a tutti i costi divide la società, crea instabilità economica e mina la democrazia.

 

Chi governa l’Europa  non è stato disposto ad impegnarsi con questi problemi, almeno non fino ad ora, il mantra ufficiale rimane la crescita, declinata come “sostenibile”, “verde”, o “inclusiva”, ma, prima di tutto, crescita. Persino i nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite includono la ricerca della crescita economica come obiettivo politico per tutti i paesi, nonostante la contraddizionefondamentale tra crescita e sostenibilità.

 

La buona notizia è che all’interno della società civile e del mondo accademico sia emerso un movimento post-crescita. Esso assume nomi diversi in diversi luoghi: décroissance,  postwachstum,  economia dello stato stazionario o ciambella, prosperità senza crescita, solo per citarne alcuni. Dal 2008,  periodiche conferenze mondiali sulla decrescita hanno riunito migliaia di partecipanti. Una nuova iniziativa globale, la Wellbeing Economies Alliance (WEA) (Alleanza delle Economie del Benessere), sta costruendo collegamenti tra questi movimenti, mentre una rete di ricerca europea ha sviluppato nuovi “ modelli macroeconomici ecologici”. Tale lavoro suggerisce che è possibile migliorare la qualità della vita, ripristinando il mondo vivente, ridurre le disuguaglianze e fornire posti di lavoro dignitosi, il tutto senza necessità di crescita economica, a condizione che si adottino politiche per superare la nostra attuale dipendenza dalla crescita.

 

Alcuni dei cambiamenti proposti includono limiti all’uso delle risorse, tassazione progressiva per arginare l’ondata di crescente diseguaglianza e una graduale riduzione dell’orario di lavoro. L’utilizzo delle risorse potrebbe essere frenato introducendo una carbon tax e le entrate potrebbero essere distribuite come dividendo per tutti o utilizzate per finanziare nuovi programmi sociali. Introdurre un reddito sia minimo che massimo ridurrebbe ulteriormente la diseguaglianza, contribuendo nel contempo a ridistribuire il lavoro di cura e ridurre gli squilibri di potere che minano la democrazia. Le nuove tecnologie potrebbero essere utilizzate per ridurre il tempo di lavoro e migliorare la qualità della vita, invece di essere utilizzate per licenziare masse di lavoratori dipendenti e aumentare i profitti di pochi privilegiati.

 

Dati i rischi in gioco, sarebbe irresponsabile per i politici o chi decide, non esplorare la possibilità di un futuro post-crescita.

La recente conferenza di Bruxelles è un inizio promettente, ma sono necessari impegni molto più forti.

Come gruppo di scienziati sociali , economici e naturali interessati, che rappresentano tutte le 28 nazioni dell’UE,  chiediamo all’ Unione Europea, alle sue istituzioni e agli Stati membri di:

 

  1. Costituire una commissione speciale sui Futuri post-crescita nel Parlamento dell’UE. Questa commissione dovrebbe discutere attivamente il futuro della crescita, ideare alternative politiche per i futuri successivi alla crescita e riconsiderare il perseguimento della crescita come obiettivo politico generale.

 

  1. Incorporare indicatori alternativi nel quadro macroeconomico dell’UE e dei suoi Stati membri. Le politiche economiche dovrebbero essere valutate in termini del loro impatto sul benessere umano, l’uso delle risorse, la disuguaglianza e la disponibilità di lavoro dignitoso. Questi indicatori dovrebbero avere una priorità più alta del PIL nel processo decisionale.

     

  2. Trasformare il patto di stabilità e crescita (PSC) in un patto di stabilità e benessere. Il PSC è un insieme di regole volte a limitare i disavanzi pubblici e il debito pubblico. Dovrebbe essere rivisto per garantire che gli Stati membri soddisfino i bisogni fondamentali dei loro cittadini, riducendo al contempo l’uso delle risorse e le emissioni dei rifiuti a un livello sostenibile.

     

  3. Istituire un Ministero per la transizione economica in ogni Stato membro. Una nuova economia che si concentri direttamente sul benessere umano ed ecologico potrebbe offrire un futuro molto migliore di quello che è strutturalmente dipendente dalla crescita economica.

     

Questa lettera, tradotta in 20 lingue, ha raggiunto ogni parte del mondo.